Beethoven

"Sinfonica in sicurezza"

Prove aperte al pubblico

Diego Matheuz, direttore

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Sabato
    11 Luglio 2020

    Ore

    21,00

    Durata

    -

    Prezzi

    - €

    Calendario

  • Programma

  • Ludwig van Beethoven
    Bonn, 1770 - Vienna, 1827

    Sinfonia n. 3 “Eroica” in mi bemolle maggiore op. 55

    Allegro con brio

    Marcia funebre (Adagio assai)

    Scherzo (Allegro vivace)

    Finale (Allegro molto)

     

    “Nello scrivere questa sinfonia Beethoven stava pensando a Buonaparte, ma Buonaparte mentre era primo console. In quel tempo Beethoven aveva la più alta stima per lui e lo paragonava ai più grandi consoli di Roma antica. Non solo io, ma molti degli amici più intimi di Beethoven, videro questa sinfonia sul suo tavolo, meravigliosamente copiata in manoscritto, con la parola «Buonaparte» scritta nella parte superiore del frontespizio e «Ludwig van Beethoven» nell’estremità più bassa […]. Io fui il primo a riferirgli le notizie che Buonaparte si era proclamato Imperatore dopo di che egli si adirò ed esclamò: «Così egli non è più un comune mortale! Ora, egli calpesterà tutti i diritti umani, indulgerà solo sulla sua ambizione; ora egli si crederà superiore a tutti gli uomini, diventerà un tiranno!». Beethoven andò al tavolo, afferrò la parte superiore del frontespizio, la strappò a metà e la gettò sul pavimento. La pagina dovette essere ricopiata e fu solo ora che la sinfonia prese il titolo di Sinfonia eroica”.

    Ferdinand Ries, allievo e biografo di Beethoven, descrive così la delusione del compositore nell’apprendere che Napoleone Bonaparte al quale inizialmente l’opera era stata dedicata, si era proclamato imperatore rinnegando di fatto i principi della Rivoluzione Francese e della ragione illuministica. Venuta meno ogni possibilità di una palingenesi politica e morale, nella quale l’avvento di Napoleone aveva fatto sperare, per Beethoven non ebbero più alcun senso né la dedica né il titolo originario Bonaparte, che fu modificato in Sinfonia eroica composta per festeggiare il sovvenire di un grande uomo, come si legge  nell’edizione a stampa sia delle parti, la cui pubblicazione risale al 1806, sia della partitura di tre anni posteriore. Alla delusione per la situazione politica, inoltre, si erano aggiunti altri drammi personali: la sordità, che nel 1802 si era aggravata al punto tale da indurlo a meditare il suicidio, e l’amore non corrisposto per la contessa Giulietta Guicciardi, sua allieva di pianoforte, che nel 1803 aveva sposato il conte Gallemberg. Proprio a questo periodo così drammatico risalgono la stesura delle prime battute dell’Eroica, composta tra il 1802 e il 1804, e il commovente Testamento spirituale di Heiligenstadt redatto tra il 6 e il 10 ottobre del 1802, dove appaiono alcuni propositi suicidi. Per dare una forma musicale alla tempesta emotiva che stava sconvolgendo la sua vita, il compositore, non soddisfatto dei tradizionali schemi della forma-sonata, realizzò una struttura musicale estremamente complessa, in cui ogni movimento risulta ampliato in modo considerevole, i temi sono sottoposti ad uno sviluppo e ad un’elaborazione fuori dal comune, che testimonia un profondo travaglio interiore, e, infine, gli stati d’animo vengono rappresentati con icastica efficacia narrativa. Questa struttura complessa non sfuggì ai primi commentatori che alla prima esecuzione pubblica della sinfonia, avvenuta il 7 aprile 1805 al teatro An der Wien sotto la direzione dello stesso Beethoven, rimasero disorientati esprimendo il loro disappunto per non essere riusciti a cogliere nell’opera l’unità dell’insieme. In una recensione, apparsa su un giornale viennese, si legge:

    “Chi scrive è senz’altro uno degli ammiratori più sinceri di Beethoven, ma deve confessare di ritenere molte cose stridenti ed eccentriche tali da impedire di cogliere l’insieme, perdendo quasi totalmente il senso dell’unità”.

    A sua volta un corrispondente del giornale «Freymüthige» di Berlino scrisse:

    “Alcuni amici di Beethoven sostengono che proprio questa sinfonia è il suo capolavoro […]. Un’altra fazione nega invece che l’opera abbia qualsiasi valore artistico e sostiene di vederci solo l’indomito tentativo del compositore di essere originale, tentativo che però non è riuscito ad ottenere in nessuna delle sue parti né l’autentica bellezza né il sublime. Attraverso strane modulazioni e violente transizioni, combinando gli elementi più eterogenei – come quando, per esempio, un’ampia pastorale viene fatta a pezzi da contrabbassi, tre corni e così via –, si può ottenere senza troppi problemi una certa originalità non proprio desiderabile; ma il genio non afferma se stesso nell’insolito e nel fantasioso, bensì nel bello e nel sublime; e Beethoven stesso ha dimostrato questo assioma nei suoi lavori precedenti”.

    Anche il pubblico manifestò la sua contrarietà soprattutto per l’eccessiva lunghezza della sinfonia, al punto che, secondo un aneddoto alquanto verosimile, uno  spettatore dalla galleria del teatro gridò: Pago un altro kreutzer se questa roba finisce.

    Dallo studio dei numerosi abbozzi e appunti sembra che Beethoven abbia concepito la sinfonia dal Finale, in quanto l’idea tematica, sulla quale si basa la poderosa costruzione sinfonica, è costituita dallo scarno tema, quasi basso da passacaglia, già utilizzato nelle Variazioni op. 35 per pianoforte e nel balletto Le creature di Prometeo. Da questa idea tematica nasce, infatti, il primo tema del primo movimento, Allegro con brio, in cui alla riduzione della sezione introduttiva a due aforistici, quanto perentori accordi, si contrappone l’ampliamento della sezione di sviluppo, dove è introdotta una nuova idea tematica ampiamente elaborata nella lunga coda. In questo primo movimento l’elaborato sviluppo tematico sembra rappresentare perfettamente l’autoaffermazione dell’eroe che nella successiva Marcia funebre, equivalente laico della cattolica Messa da Requiem negli anni della Rivoluzione francese, sembra meditare serenamente sulla morte. Nella sezione centrale del movimento è introdotto un ampio fugato che conduce ad un punto culminante di straordinaria forza drammatica.

    Nello Scherzo, il cui carattere perentorio e impetuoso sembra ridonare una certa vitalità all’eroe, si afferma una scrittura formata da note staccate leggerissime, che sarebbe diventata quasi canonica anche nelle altre sinfonie. Il tema del Trio, affidato ai corni, con i suoi richiami a quello fondamentale dell’intera sinfonia, contribuisce a conferire all’opera quella profonda unità interna che era sfuggita ai primi commentatori.

    Il Finale è di difficile classificazione formale, dal momento che si presenta come una sintesi perfetta di varie forme musicali quali il Rondò, il tema e variazioni e la forma-sonata. Il tema, talmente scarno ed essenziale da avvicinarsi alla forma stringata dell’aforisma, si presenta arricchito dal punto di vista contrappuntistico ed è sottoposto ad un’elaborazione estremamente complessa che anticipa le opere successive del compositore di Bonn. Con questo Finale, che si conclude con una coda impetuosa e travolgente, l’eroe, quasi nuovo Prometeo, il semidio che nella mitologia classica salvò l’umanità, si afferma pienamente, dopo aver rivisto e definitivamente superato per un attimo alcuni fantasmi della Marcia funebre, in un tripudio di timbri e sonorità a cui partecipa l’intera orchestra.

    Riccardo Viagrande

Programma di sala