Bach, Mozart & Šostakovič

Eduard Topchian, direttore

Alessandro Carbonare, clarinetto

Ludovica Rana, violoncello

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    15 Marzo 2019

    Ore

    21,00

    Durata

    110min.

    Prezzi

    12 - 25 €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    16 Marzo 2019

    Ore

    17,30

    Durata

    110min.

    Prezzi

    12 - 25 €

    Calendario

18° Concerto in abbonamento

Direttore:
Eduard Topchian

Clarinetto:
Alessandro Carbonare

Violoncello:
Ludovica Rana (Premio “Crescendo” 2018)

L’ultima meravigliosa grande opera strumentale di Mozart torna nella sua versione originale per corno di bassetto, (un clarinetto che raggiunge note più gravi dell’usuale strumento e dal colore più scuro), che Alessandro Carbonare ha rilanciato e inciso con Claudio Abbado.
La Sesta di Šostakovič è singolare nel suo catalogo per la sua brevità (è in soli tre movimenti invece di quattro) lontano dal gigantismo delle altre. E’ l’anno 1939 un contesto dei più drammatici: inizio del conflitto mondiale, delle purghe staliniane, del patto con Hitler. C’era di che essere interdetti!

  • Programma

  • Carl Philipp Emanuel Bach
    Weimar, 1714 - Amburgo, 1788

    Concerto in la minore Wq 170 per violoncello e orchestra

    Concerto in la minore Wq 170 per violoncello e orchestra

    Allegro assai

    Andante

    Allegro assai

     

    "Un musicista non può sperare di commuovere l'ascoltatore se non si commuove lui stesso. Deve necessariamente sentire tutti gli affetti che spera di suscitare nel suo pubblico, poiché rivelando il suo proprio stato d'animo ne stimolerà uno simile in chi lo ascolta".

    In questa affermazione di Carl Philipp Emanuel Bach è racchiusa la poetica alla quale il compositore tedesco intese informare tutta la sua produzione. Secondo dei venti figli di Johann Sebastian Bach, Carl Philipp Emanuel, pur avendo manifestato il suo talento di compositore in giovanissima età, fu costretto dal padre a intraprendere gli studi di giurisprudenza prima a Lipsia e, poi, a Francoforte dove, però, poté seguire la sua vocazione musicale impartendo lezioni di cembalo e dirigendo un’Accademia musicale dove furono eseguiti anche suoi lavori. Da Francoforte si trasferì a Berlino in qualità di clavicembalista e di insegnante alla corte di Federico il Grande. Nel 1768 successe a Telemann come Cantor del Johanneum e direttore della musica nelle principali chiese di Amburgo dove rimase fino alla morte vivendo il più bel periodo della sua vita sia dal punto di vista artistico che economico. Molto vasta è la sua produzione, in cui uno spazio notevole è occupato dalle Sonate, circa 200, per clavicembalo, fortepiano, violoncello, clarino, violino e organo, ma furono anche molto importanti i suoi lavori sinfonici, costituiti da 19 composizioni, delle quali le prime 8 risalgono al periodo berlinese mentre le altre dieci a quello di Amburgo, e gli oltre 40 concerti. La maggior parte della produzione concertistica è destinata al clavicembalo, ma, secondo una prassi dell’epoca, molti concerti scritti per questo strumento venivano trascritti per strumenti a fiato o per archi. Non è, però, questo il caso del Concerto in la minore Wq 170 per violoncello e orchestra, composto, nel 1750, esclusivamente per questo strumento, quando Carl Philipp Emanuel si trovava alla corte di Federico il Grande a Berlino. Scritto secondo lo schema tipico del concerto solistico di ascendenza barocca con gli episodi solistici che si alternano al tutti, il primo movimento, Allegro assai, è una pagina brillante e ardente di passione sin dal bellissimo tema esposto dal violoncello, mentre il secondo movimento, Andante, si impone per il suo lirismo di chiara matrice operistica. Il terzo movimento, Allegro assai, è, infine, una perfetta sintesi di brillantezza e di eleganza.  

    Durata: 25'

    Wolfgang Amadeus Mozart
    Salisburgo 1756 – Vienna 1791

    Concerto in la maggiore KV 622 per clarinetto di bassetto e orchestra

    Allegro

    Adagio

    Rondò

     

    Composto in appena 10 giorni nell’ottobre del 1791, pochi mesi prima della morte che avrebbe colto Mozart la notte del 5 dicembre dello stesso anno, il Concerto in la maggiore per corno di bassetto e orchestra KV 622 è uno dei suoi ultimi lavori scritti in un periodo di febbrile attività durante il quale aveva scritto i suoi due ultimi capolavori teatrali: La clemenza di Tito e Il flauto magico. Il Concerto fu scritto per il clarinettista Anton Stadler, suo grande amico e coetaneo, per il quale aveva già composto il Trio KV 498, il Quintetto KV 581 e i due obbligati per clarinetto della Clemenza di Tito. Anton Stadler era un virtuoso di un nuovo strumento, il Klarinett mit Abnderung, oggi noto con il nome di clarinetto di bassetto che, chiamato anche corno di bassetto e inventato nel 1788, oltre ad avere un’estensione maggiore verso i suoni più gravi, era molto più difficile da suonare rispetto al normale clarinetto.  Il Concerto  fu eseguito dallo stesso Stadler per la prima volta in questa versione originale il 16 ottobre 1891 a Praga, città tradizionalmente favorevole a Mozart, con un discreto successo che si ripeté anche in successive esecuzioni; Stadler eseguì, infatti, il Concerto in altre città europee e la stampa, in particolar modo, non mancò di esaltare il suo virtuosismo, come si evince da un articolo pubblicato nel mese di gennaio del 1792 sul «Berlin Musikalisches Wochenblatt» nel quale si legge:

    “Herr Stadler, un clarinettista di Vienna. Un uomo di grande talento e riconosciuto come tale nella corte… Il suo modo di suonare è brillante e rappresenta una testimonianza della sua sicurezza”.

    Essendo andato perduto l’autografo, non è possibile conoscere la versione originaria del Concerto, pubblicato postumo dall’editore André nel 1801 in una forma adattata per il tradizionale clarinetto in la; in questa forma il Concerto ebbe un grande successo per tutto l’Ottocento determinando anche la fortuna dello strumento durante il Romanticismo. Soltanto nel Novecento si è cercato di ricostruire la versione originaria e addirittura sono stati costruiti appositamente, per l’esecuzione di questo concerto, alcuni clarinetti di bassetto modellati sugli esemplari settecenteschi.

    La destinazione originaria della composizione è tradita dalla scrittura della parte solistica che mostra una particolare predilezione per i suoni gravi i quali contribuiscono a dare alla composizione un tono malinconico evidente già nel primo movimento, Allegro, in forma-sonata. Dopo una breve introduzione orchestrale il clarinetto, esaurita l’esposizione dell’elegante primo tema, intona, nella transizione, una melodia malinconica; una scrittura virtuosistica informa, invece, il secondo tema nel quale il solista può mettere in mostra tutte le sue capacità esecutive. Il secondo movimento, Adagio, formalmente strutturato in tre parti con un’esposizione, una parte centrale e una ripresa, è caratterizzato da un tema estremamente espressivo, tipicamente mozartiano, di straordinaria semplicità al quale si contrappone, nella sezione centrale, un motivo quasi implorante. Il terzo movimento, Allegro, è, infine, un brillante Rondò nel quale il solista può esibire tutte le sue doti virtuosistiche.

    Durata: 27'

    Dmitrij Dmtrevič Šostakovič
    San Pietroburgo, 1906 - Mosca, 1975

    Sinfonia n. 6 in si minore op.54

    Largo

    Allegro

    Presto

     

    “La mia Sesta sinfonia differisce nel carattere della sua musica dagli stati d’animo e dagli umori della Quinta, con la sua tensione tragica. La musica della mia ultima sinfonia è soprattutto contemplativa e lirica. Volevo personificare in essa stati d’animo legati alla primavera, alla gioia e alla giovinezza”.

    Questa dichiarazione fatta nel corso di un’intervista, rilasciata da Šostakovič alla «Leningradskaja Pravda» il 28 agosto 1939, indica, in modo chiaro, i motivi ispiratori della Sesta sinfonia, il cui progetto originario era, tuttavia, molto diverso; in un articolo, apparso sulla «Literaturnaja gazeta» il 20 settembre 1938, Šostakovič aveva annunciato, infatti, che stava lavorando ad una “Sinfonia in ricordo di Lenin”, affermando che si sarebbe avvalso di un organico in cui figuravano anche i solisti e il coro. Il progetto originario aveva, quindi, come motivo ispiratore la celebrazione della nazione socialista di cui Lenin era stato il padre fondatore; nel progetto originario della sinfonia era compreso, infatti, un inno a Lenin su testo di Majkovskij. Questo annuncio, che, insieme ad un atteggiamento più conciliante verso il regime comunista sovietico dopo l’ammonimento ricevuto dal critico Ždanov sulla «Pravda» per l’opera Lady Macbeth del distretto di Mžensk, gli aveva procurato una cattedra di professore ordinario al Conservatorio nel mese di maggio del 1939, fu totalmente disatteso. Già nel mese di aprile Šostakovič aveva deciso di scrivere una nuova sinfonia puramente strumentale, nella quale fece, poi, confluire tutto il materiale già composto per il precedente progetto tanto da portare a termine l’opera in poco tempo entro il mese di ottobre dello stesso anno.

    Alla prima esecuzione, avvenuta il 5 novembre a Leningrado con l’Orchestra Filarmonica locale diretta da Evgenij Mravinskij, il pubblico e la critica rimasero disorientati in quanto le loro aspettative furono totalmente disattese. Del tono celebrativo, che avrebbe dovuto informare la sinfonia, non c’era più traccia, sostituito dalla citazione di una canzone messicana, di alcuni brani di Mozart, Beethoven e Verdi, e perfino da un passo della sua Lady Macbeth. Con questa sinfonia sembra che Šostakovič, compositore ormai affermato e ritenuto al riparo da eventuali ritorsioni del regime sovietico, si sia preso una rivincita contro coloro che in precedenza lo avevano criticato, riportando in luce, sia pure nella forma di un’autocitazione, la sua Lady Macbeth. Non meno sorprendenti furono le scelte formali di Šostakovič che decise di scrivere una sinfonia in tre soli movimenti rispetto ai quattro tradizionali eliminando quello iniziale in forma-sonata. Ciò spiega il motivo per cui i critici bollarono la sinfonia come un’opera “senza testa” o addirittura formalistica rifacendosi, così, al giudizio negativo di Ždanov nei confronti della Lady Macbeth. Molto probabilmente le critiche non preoccuparono affatto Šostakovič che era riuscito a prendersi gioco sia del regime comunista sia della critica ad esso asservita.

    Il primo movimento, Largo, il più lungo di tutta la sinfonia, non ha quel carattere gaio a cui farebbero pensare l’ispirazione complessiva dell’opera e quanto affermato dallo stesso Šostakovič a proposito di essa nella dichiarazione di cui sopra. L’armonia instabile, l’impressione di paralisi con cui il  movimento si apre e si chiude, e l’uso del trillo nella seconda metà del brano, danno, infatti, piuttosto l’impressione di un tono complessivamente tragico. Il secondo movimento, Allegro, che, dal punto di vista formale, è uno Scherzo privo del Trio, si fonda su una melodia orientaleggiante che si staglia su un’armonia politonale, mentre il terzo, Presto, è un rondò dove l’ironia del compositore si manifesta nella citazione del tema della Cucaracha intrecciata ad echi mozartiani. Ciò avrebbe letteralmente fatto infuriare i governanti sovietici se i delicati impegni politici del momento (il patto di non aggressione Ribbentrop-Molotov tra l'Unione Sovietica e la Germania di Hitler fu firmato proprio il 23 agosto dello stesso anno) non li avessero distolti dall’occuparsi di questa unica e straordinaria burla di Šostakovič.

    Riccardo Viagrande

     

    Durata: 30'