Rota/Fellini

Massimiliano Caldi, direttore

Silvia Chiesa, violoncello

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    01 Marzo 2024

    Ore

    21,00

    Durata

    70min.

    Prezzi

    25 - 15 €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    02 Marzo 2024

    Ore

    17,30

    Durata

    70min.

    Prezzi

    25 - 15 €

    Calendario

  • Programma

  • Pietro Mascagni
    Livorno 1863 - Roma 1945

    Nerone, Interludio - Prima esecuzione a Palermo

    Periodo di composizione: 1932-1935

    Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 16 gennaio 1935. Nel mese di marzo dello stesso anno in Germania la Saar ritorna tedesca dopo un referendum e viene ripristinato il servizio militare obbligatorio in violazione delle clausole del trattato di Versailles.

     

    “Iersera dunque, una radunata modestissima e strettissima di buoni amici aveva chiamato attorno ad uno dei tavoli del nuovo ed elegante ristoratore Labò, delle ondate di buonumore per rendere meno uggiose a Mascagni le ore del nulla fare, che sono le più terribili per l’artista. E Pietro Mascagni, con la parola fluente, calda, accentuata, ritmata da buono e legittimo livornese, intratteneva gli amici sulle venture dell’arte sua, speranza prima, e sulle vicende della sua vita, memoria ultima; e discorreva di tutto, colorando le frasi con quelle occhiate intelligenti che possiede in sommo grado, quando, né atteso né sospettato, solo, con un fascicolo di musica sotto il braccio, torvo come l’uomo ch’è schiavo di una fatica a scadenza fissa, ma non pertanto per natura giovialissimo, capitò nel ristorante Alberto Franchetti […]. Così, mentre Alberto Franchetti con quel suo fare alla buona parlava del suo Colombo e lasciava intravedere i nuovi ideali a cui tende il suo ingegno e i nuovi soggetti a cui vorrebbe dedicarsi, Mascagni raccontava che i Rantzau erano finiti; che ha pure ultimato Zanetto, opera in un atto che preparò per abbinare alla Cavalleria (soggetto tolto al Passant di Coppée); che ha in animo di musicare un soggetto romano autentico Vestiglia e che legge e studia Hammerling perché pensa di musicare il Nerone. E siccome a questa uscita inattesa, i convitati si credettero in dovere di sbarrare tanto d’occhi, egli riprese: Sì, il Nerone pel quale l’egregio M° Boito m’accorda ancora tanto tempo!”.

    In questo articolo, pubblicato sul «Secolo XIX» di Genova nel 1892, è contenuto il primo accenno di Mascagni al progetto di comporre il Nerone, soggetto al quale stava lavorando già da molto tempo anche Arrigo Boito. Le sue parole tuonarono come un fulmine a ciel sereno nel panorama musicale dell’epoca e soprattutto allarmarono Verdi, al quale Boito era legato da profonda amicizia oltre che dalla collaborazione per l’Otello e il Falstaff, al punto che il maestro di Busseto scrisse al suo più giovane librettista il 6 agosto 1892:

    “Caro Boito.

    Non credo d’esser mai stato dei più indiscreti parlandovi troppo spesso del Nerone. – Ma dopo l’articolo del Secolo XIX di Genova che vi mando, credo dover mio per l’amicizia e la stima che ho per Voi, di dirvi che ora non dovete più esitare. Bisogna lavorare giorno e notte, se fà d’uopo, e far sì che Nerone sia pronto per l’anno venturo – anzi find’adesso bisognerebbe far pubblicare: Quest’anno alla Scala Falstaff, l’anno venturo Nerone… Questo parrà a Voi una risposta alle impertinenze citate dal Giornale di Genova. È vero! ma non c’è rimedio, e secondo me, non vi è altro da fare”.

    A differenza di Verdi, Boito non si preoccupò molto dell’articolo e tre giorni dopo rispose all’anziano compositore:

    “Caro Maestro Mio

    Le assicuro che l’articolo del Secolo XIX° non mi ha fatto né caldo e né freddo e che per quello non vorrei affrettare d’un giorno il compimento dell’opera, ma la buona e forte lettera che lo accompagna mi ha talmente scosso che se non mi metto a correre adesso non correrò mai più. Le prometto, pel gran bene che le voglio, che farò ogni sforzo per terminare il lavoro in tempo da poterlo rappresentare l’anno dopo il Falstaff. Farò ogni sforzo glielo prometto, una promessa fatta a Lei vale, lo so. È detta”.

    Per la verità né Boito né Mascagni, nonostante i buoni propositi, composero in breve tempo il loro Nerone. Lasciato incompiuto e completato da Antonio Smareglia e Vincenzo Tommasini sotto la supervisione di Toscanini, che lo avrebbe diretto, il Nerone di Boito andò in scena postumo alla Scala, ben 32 anni dopo, il 1° maggio 1924, mentre per quello di Mascagni si dovrà attendere il 1932, anno in cui il compositore decise seriamente di lavorare a un’opera che avesse questo soggetto. Per l’occasione Mascagni aveva interpellato lo scrittore e librettista vicentino Arturo Rossato perché gliene fornisse il libretto, ma, non rimanendo soddisfatto del lavoro di quest’ultimo, si rivolse ancora una volta a Targioni-Tozzetti. Nel 1932, tuttavia, erano lontani i tempi in cui Sonzogno e Ricordi si contendevano un’opera di Mascagni e il compositore, non riuscendo a trovare un editore che gliela stampasse, la pubblicò a sue spese. Certo la pubblicità non mancò e dell’opera si parlò sul «Giornale d’Italia» dove apparve un articolo, a firma di Bruno Barilli, intitolato Aspettando il Nerone, ma sembra che nei confronti di questo ultimo lavoro di Mascagni ci fosse, se non l’ostracismo, l’indifferenza da parte del regime fascista. Mussolini, al quale il compositore aveva inviato lo spartito, lo rifiutò, infastidito dal chiasso che, a suo giudizio, si stava facendo attorno a quest’opera nella quale probabilmente non vedeva alcun vero e proprio omaggio al regime, e disertò la première, mandando al suo posto Galeazzo Ciano. Il successo arrise alla première, che si tenne alla Scala di Milano il 16 gennaio 1935, sotto la direzione del compositore con un cast d’eccezione.

    Nell’interludio-sipario, che fa da ponte tra il primo e il secondo quadro dell’atto terzo, è ripercorsa musicalmente la vita di Nerone, come si può leggere nella didascalia che recita:

    “O neroniana potenza travolta dal Fato, squassata come una vecchia quercia! O temporale scatenato su Roma! O ricordi dell’adolescenza serena, o prime nubi dei sensi inquieti e irrequieti! O tu, che danzavi e sorridevi, Egloge, o tanto amata e tanto pianta! O immota rondine nel devastato nido!

    O desiderata taverna che alleggeriva il fardello dei logoranti rimorsi! O invocazione a Dioniso consolatore! O Atte, amante prima, madre dell’unico figlio, l’hai seguito, lo segui… lo seguirai fino alla morte… O neroniana potenza, paurosamente, agitata sotto il presagio della Cometa di Cesare!”.

    Rappresentata nell’interludio, la tempesta, che si abbatte su Roma, sembra evocare, nell’accompagnamento agitato, la turbolenta vita dell’imperatore, mentre gli archi intonano un tema nel quale Mascagni mostra la sua capacità di far cantare l’orchestra.

    Durata: 6'

    Mario Castelnuovo-Tedesco
    Firenze 1895 - Beverly Hills 1968

    Concerto in sol minore op. 72 per violoncello e orchestra - Prima esecuzione moderna in Italia

    Sostenuto e appassionato

    Allegretto gentile

    Vivo e impetuoso

     

    Periodo di composizione: 1933-1935

    Prima esecuzione: New York, 31 gennaio 1935 sotto la direzione di Arturo Toscanini e con Grigorij Pjatigorskij in qualità di solista. Il 15 settembre, in Germania, vengono promulgate le Leggi di Norimberga con le quali gli Ebrei tedeschi furono privati della cittadinanza.

     

    “Altissimo, dinoccolato, con una testa da cavallo di razza, avanza portando il suo strumento ciondoloni per il manico, come una chitarra, e mette subito di buon umore, stabilisce immediatamente un contatto cordiale tra se stesso e il pubblico. E quando si mette a suonare (se è in vena) il suo suono può essere di una rara bellezza, la sua tecnica di una prodigiosa facilità, il suo calore irresistibilmente comunicativo”.

    È lo stesso Castelnuovo-Tedesco a consegnarci questo ritratto del violoncellista ucraino Grigorij Pjatigorskij (Dnipro 1903 – Los Angeles 1976) il quale, impressionato dall’alta qualità del Concerto per violino e orchestra “I Profeti”, composto per Jascha Heifetz ed eseguito per la prima volta a New York sotto la direzione di Toscanini nel 1933, gliene commissionò uno per violoncello e orchestra. Nonostante Castelnuovo-Tedesco amasse particolarmente il violoncello, la composizione di questo suo lavoro lo impegnò per due anni, dal 1933 al 1935, anche perché il compositore profuse tutto il suo impegno nella difficile ricerca di un equilibrio tra il solista e l’orchestra della quale cercò di limitare la pesantezza grazie anche ai consigli di Arturo Toscanini e Bernardino Molinari. Eseguito per la prima volta a New York sempre sotto la direzione di Toscanini il 31 gennaio 1935 e ripreso il 2 aprile 1936 all’Augusteo di Roma, due anni prima della promulgazione delle leggi raziali che costrinsero il compositore a trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti, il Concerto presenta una scrittura che risente molto della tecnica di Pjatigorskij. Ciò si nota già nel poderoso attacco del tema principale del solista nel primo movimento, Sostenuto e appassionato, che oltre ad avere, come affermato dallo stesso compositore, «il carattere di un ampio e fantasioso monologo, di tono piuttosto biblico», si segnala per la straordinaria varietà agogica, alla cui unità contribuisce, però, la ripresa di frammenti del tema. Una virtuosistica cadenza, nella quale il tema viene sottoposto a una rielaborazione realizzata con l’esaltazione di tutti gli artifici tecnici dello strumento, conclude il movimento. Il secondo movimento è un danzante Allegretto di carattere gentile, che si segnala per la grazia della sua musica e per una cadenza, piuttosto insolita in un tempo centrale, nella quale il solista è sostenuto dalla celesta e dai timpani. Di carattere brillante è, infine, l’ultimo movimento, Vivo e impetuoso, aperto da una lunga cadenza del violoncello.

    Durata: 31'

    Nino Rota
    Milano 1911 - Roma 1979

    La strada, Suite dal balletto

    1. Nozze in campagna. È arrivato Zampanò.
    2. I tre suonatori e il matto sul filo
    3. Il circo (Il numero di Zampanò-I giocolieri-I violini del “Matto”)
    4. La rabbia di Zampanò
    5. Zampanò uccide il “Matto”. Gelsomina impazzisce di dolore
    6. L’ultimo spettacolo sulla neve. “Addio Gelsomina”
    7. Solitudine e pianto di Zampanò

    Prima esecuzione: Milano, Teatro alla Scala, 2 settembre 1966. Il 6 settembre, a Città del Capo, l'artefice dell’apartheid, il primo ministro Hendrik Verwoerd,  è accoltellato a morte da Dimitri Tsafendas durante un incontro parlamentare.

    Il 21 dicembre viene lanciata la sonda spaziale sovietica Luna 13 che tre giorni dopo avrebbe toccato la superficie lunare nell’Oceanus Procellarum.

     

    Noto soprattutto per le sue colonne sonore di film, Nino Rota si dedicò a tutti i generi musicali componendo circa 150 lavori con lo stesso impegno e con quelle straordinarie doti musicali che, alla precocissima età di 8 anni dopo un solo anno di studio di solfeggio, gli avevano consentito di riempire quaderni di musica componendo sinfonie e oratori. Alla manifestazione precoce del suo genio musicale contribuì certo il fatto che egli nacque in una famiglia di musicisti. La madre, eccellente pianista, era figlia di Giovanni Rinaldi, compositore ormai quasi del tutto sconosciuto, che, insieme ad altri musicisti, alla fine dell’Ottocento aveva cercato di contrastare l’egemonia del melodramma in Italia rivalutando la musica strumentale. Pur essendo stato allievo di Pizzetti e di Casella e nonostante la sua ammirazione per Stravinskij, che conobbe personalmente, Nino Rota fu una voce originale nel panorama musicale del Novecento. Egli, convinto del fatto che la musica debba essere una forma di espressione immediata e ingenua, si tenne, infatti, lontano dalle tecniche musicali novecentesche senza mai polemizzare con chi le propugnava e rimase fedele a una concezione musicale ancora ottocentesca basata sul primato della melodia e su una struttura tonale semplice e aliena da complicati giri armonici. Questo suo ritorno alla musica dell’Ottocento costituisce l’aspetto artistico di un animo semplice e spontaneo, di cui è una testimonianza un aneddoto raccontato dal regista Sergej Bondarchuk il quale, ricordando la sua collaborazione con Rota per il film Waterloo, affermò:

    “Quando ho visto la partitura della colonna sonora, mi sono subito voluto informare, come sempre, delle necessità tecniche del Maestro. Allora ho chiesto a Rota: «Quanti tromboni le servono?». E lui: «Tre sono più che sufficienti». «Appena tre?», gli ho ribattuto: «certi compositori me ne chiedono cento, centocinquanta...». E lui, di rimando: «Tre o cento... fa lo stesso»".

    Questa semplicità e spontaneità si riscontrano anche nel balletto La Strada composto negli anni Sessanta, quando Nino Rota aveva raggiunto la sua piena maturità artistica.

    Composto su commissione del Teatro alla Scala di Milano, dove andò in scena il 2 settembre 1966, il balletto La Strada, da dove è tratta questa Suite, presenta alcune delle melodie più famose delle colonne sonore scritte da Rota non solo per i film di Federico Fellini, ma anche per Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti. Il balletto, il cui soggetto è ispirato all’omonimo film di Fellini che meritò l’Oscar nel 1954, ebbe un notevole successo di pubblico, al quale non corrisposero, però, i giudizi della critica che accusarono Rota, per l’orecchiabilità della sua musica, di essere inattuale. In realtà il compositore milanese è riuscito con la sua musica a rappresentare perfettamente i sentimenti e gli avvenimenti descritti nel balletto dilatando gli scarni e densi temi scritti per la colonna sonora in forme musicali ampie e libere dalle costrizioni dei tempi imposti dalla pellicola. La capacità di Rota di rendere vivi i sentimenti attraverso le sue melodie è evidente in tutti i brani di questa Suite dall’iniziale brillante scena delle Nozze in campagna al malinconico tema che rappresenta nell’ultimo brano la Solitudine e il pianto di Zampanò.  

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 17'