Glazunov, Bauzin & Dvořák

Christian Vásquez, direttore

Alex Sebastianutto, sassofono

  • Luogo

  • Politeama Garibaldi

  • Giorno

    ora

    Durata

    Prezzo

     

  • Giorno

    Venerdì
    26 Novembre 2021

    Ore

    21,00

    Durata

    80min.

    Prezzi

    20 - 10 €

    Calendario

  • Giorno

    Sabato
    27 Novembre 2021

    Ore

    17,30

    Durata

    80min.

    Prezzi

    20 - 10 €

    Calendario

  • Programma

  • Aleksandr Konstantinovič Glazunov
    San Pietroburgo 1865 - Neuilly sur Seine 1936

    Concerto in mi bemolle maggiore per sassofono e archi, op. 109

    Allegro moderato-Andante-Cadenza-Allegro

     

    Composto nel 1934, il Concerto in mi bemolle maggiore per sassofono e archi, op. 109 di Aleksandr Kostantinovič Glazunov è uno dei primi lavori per sassofono solista, strumento che, inventato, quasi un secolo prima, nel 1840 da Adolphe Sax, era ancora poco conosciuto agli inizi del Novecento. Quando Glazunov si accinse a comporre questo suo lavoro, il sassofono, infatti, non vantava ancora una vasta letteratura, nonostante si fosse ritagliato negli organici delle orchestre sinfoniche un suo spazio, in realtà piccolissimo a causa dello scarso numero di strumentisti e delle scelte dei compositori che gli preferivano i tradizionali clarinetti, fagotti e violoncelli. Il famoso assolo affidato a questo strumento da Ravel nella sezione Il vecchio castello nella sua versione orchestrale dei Quadri di un’esposizione di Musorgskij è, insieme ad alcuni passi di Jules Massenet e di Ambroise Thomas, uno dei rari esempi del suo impiego nelle compagini orchestrali tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Se piuttosto scarso fu, quindi, l’impiego di questo strumento nelle partiture orchestrali, nell’arco di tempo che intercorre tra il 1844 e il 1928, invece, si contarono ben 28 lavori per ensemble da camera di sassofoni e, in particolar modo, 3 quintetti, 2 sestetti, 1 settimino, 1 ottetto e ben 21 quartetti. Agli inizi del Novecento, inoltre, un contributo alla stabilizzazione della formazione quartettistica di sassofoni fu dato dal sassofonista francese Marcel Mule che, divenuto nel 1923 membro della Banda della Guardia Repubblicana di Parigi, formò nel 1927, insieme con alcuni suoi colleghi, il Quartetto della Guardia Repubblicana per il quale Glazunov compose il suo Quartetto per sassofoni op. 109 su richiesta del compositore ucraino Thomas de Hartmann. Questi, pur essendo un grande ammiratore sia di Mule che della formazione da lui creata, non si sentiva, infatti, capace di scrivere per essa, mentre Glazunov, da parte sua sempre attento alle sonorità e agli sviluppi della tecnica degli strumenti a fiato, accettò componendo il quartetto tra il mese di marzo e maggio del 1932 con un grande entusiasmo, che si percepisce in una lettera indirizzata al compositore lituano e suo amico Maksimilian Oseevič Štejnberg:

    “La novità di questo lavoro mi dà letteralmente i brividi, poiché in precedenza ho scritto soltanto quartetti per archi. Non so come suonerà”.

    Il Quartetto della Guardia repubblicana eseguì per la prima volta questo lavoro nel mese di dicembre del 1932 ottenendo un grande successo testimoniato dal famoso sassofonista Sigurd Manfred Raschèr che, presente a quella prima esecuzione, ricordò quell’evento così:

    Dal momento che ero a Parigi, non ho potuto fare a meno di ascoltarlo. Ricordo ancora il suono omogeneo dei quattro sassofoni. Fui così entusiasta che ho applaudito finché le mie mani furono rosse. Ci fu una vera e propria ovazione, nella sua persistente vivacità, ovviamente diretta non solo agli esecutori ma ancor di più al compositore: un gentiluomo alto, leggermente curvo con i capelli bianchi che stava tranquillamente seduto nell’auditorium. Con un bonario sorriso ringraziò il pubblico per l’applauso. Nella sua vita Glazunov aveva visto molte ovazioni; questa fu differente: i suoi amici gli tributarono onori”.

    Rimasto particolarmente colpito da questo quartetto, Raschèr chiese a Glazunov un incontro il cui risultato fu il  Concerto in mi bemolle maggiore per saxofono e archi che condivide con il Quartetto lo stesso numero d’opera. Questo concerto, la cui composizione fu terminata da Glazunov nel mese di maggio del 1934, fu eseguito per la prima volta dallo stesso Raschèr in qualità di solista a Nykoping in Svezia, il 25 novembre dello stesso anno, sotto la direzione di Tord Benner. Anche Mule, che aveva conteso la prima esecuzione assoluta a Raschèr, interpretò il Concerto  il 20 gennaio a Parigi sotto la direzione di Henri Tomasi.

    Il presente Concerto è costituito da tre movimenti, che si susseguono senza soluzione di continuità e che presentano una cadenza introdotta tra il secondo e il terzo. Il primo movimento, Allegro moderato, vive del contrasto dei due temi, dei quali il primo presenta un carattere meditativo, mentre il secondo, tutto giocato tra solista e violini, è più vivace. Una breve sezione centrale più vivace (Allegretto scherzando) conduce alla ripresa del primo tema. Il secondo movimento, Andante, si segnala per una scrittura di dolce lirismo affidata al sassofono e per una grande varietà agogica. Una classica Cadenza prepara l'ultimo brillante movimento, Allegro, costituito da una danza sfrenata e da un travolgente finale.

    Durata: 15'

    Pierre-Philippe Bauzin
    Saint-Émilion 1933 - Nizza 2005

    Poème per sassofono e orchestra, op.20

    Largo-Allegro-Andante espressivo e religioso

     

    Dedicato al suo amico “Jean-Marie Londeix […]. Al grande interprete, al perfetto musicista, meraviglioso sostenitore della sua umile musica, senza il quale noi siamo nulla”, il Poème per sassofono e orchestra, op.20 è certamente uno dei lavori più interessanti del compositore francese Pierre-Philippe Bauzin che annoverò tra i suoi maestri grandi musicisti come Arthur Honegger (composizione), Olivier Messiaen (analisi musicale), Yves Nat e Jean Batalla (pianoforte) e Maurice Duruflé (armonia e organo). Fu, tuttavia, come organista che Bauzin si affermò nel panorama musicale a livello mondiale. Divenuto, infatti, a 12 anni, dopo aver vinto un regolare concorso, l’organista della chiesa di Saint-Pierre a Bordeaux, a 16 conseguì la titolarità dell’organo di Notre-Dame-de-Lourdes a Chaville e fu spesso organista ospite della Basilica di San Pietro a Roma dove ha ricevuto anche le felicitazioni di papa Giovanni Paolo II.

    Composto nel 1960 ed eseguito per la prima volta il 23 febbraio 1962 dall’Orchestra Filarmonica de La Rochelle sotto la direzione di Jean-François Curaudeau, il poema trae ispirazione da una lirica scritta dallo stesso Bauzin e da lui inserita nella copertina del manoscritto, il cui testo recita:

    “Pourquoi es-tu triste, ô mon âme ?

    Pourquoi te lamenter ainsi?

    Après les tourments de cette vie,

    Tu sais vaincre et toujours lutter,

    Tu recevras un jour dans la paix

    Le bonheur suprême de la vie éternelle”.

    (Perché sei così triste, o anima mia? / Perché ti lamenti così? / Dopo i tormenti di questa vita, / Tu sai vincere e combattere, / Tu riceverai un giorno in pace / La suprema felicità della vita eterna)

    Ad ispirare questo lavoro è dunque un profondo sentimento religioso derivato, certo, dalla sua lunga frequentazione della chiesa come organista durante le funzioni religiose, ma anche dall’esperienza, interpretata da Bauzin come un vero e proprio miracolo, di essere stato un sopravvissuto alla guerra d’Algeria. Questo testo non influenza soltanto il tono complessivo del lavoro, ma detta anche la struttura di questa composizione divisa in tre movimenti che si susseguono senza soluzione di continuità e danno vita a una struttura formale tripartita che richiama il dogma della Santissima Trinità. Il primo, Largo, costituisce la trasposizione musicale delle prime due strofe con il sassofono che si produce in una melodia di intenso lirismo, quasi un lamento, che parte in sol minore, mentre il secondo, Allegro, decisamente più aggressivo, esprime bene il carattere combattivo del quarto verso. Nell’ultimo movimento, Andante espressivo e religioso, il sentimento religioso di Bauzin si traduce, attraverso un lirismo di grande suggestione, in una quasi mistica rappresentazione della vita eterna evocata negli ultimi due versi.

    Durata: 14'

    Antonín Dvořák
    Nelahozeves 1841 - Praga 1904

    Sinfonia n. 8 (n. 4) in sol maggiore op. 88

    Allegro con brio

    Adagio

    Allegretto grazioso, Molto vivace

    Allegro ma non troppo

     

    Composta in brevissimo tempo tra il 26 agosto e l’8 novembre del 1889  e dedicata all’Accademia boema di Scienze, Arte e letteratura dell’imperatore Francesco Giuseppe in ringraziamento per la sua elezione, la Sinfonia n. 8, ma n. 4 tra quelle che Dvořák ritenne degne di essere pubblicate, è, insieme alla Nona “dal Nuovo Mondo”, uno dei suoi lavori in questo genere più popolari e originali. Come affermato dallo stesso compositore, con la composizione di questo lavoro sinfonico, Dvořák intese “scrivere un'opera diversa da tutte le altre Sinfonie, con idee personali e lavorate in modo nuovo”. Eseguita per la prima volta a Praga il 2 febbraio 1890 sotto la direzione dell’autore, la Sinfonia ottenne un enorme successo a Londra dove riscosse consensi maggiori rispetto a quelli suscitati dalla più famosa Sinfonia “dal Nuovo Mondo”, tanto da meritarsi il sottotitolo di Inglese datole dall’editore Novello in occasione della pubblicazione della partitura nel 1892.  Successo inglese a parte, la sinfonia, che si distingue per un largo uso di temi tratti dalla musica popolare magiara e per un’abbondanza di materiale melodico, lasciò perplessi alcuni illustri estimatori di Dvořák.  Tra questi Brahms, che, pur aveva appoggiato Dvořák agli inizi della sua carriera, stroncò con poca delicatezza questa composizione giudicandola troppo frammentaria, con troppi elementi secondari e nessun contenuto sostanziale. In realtà Brahms aveva notato quella mancanza di rigore formale che effettivamente contraddistingue questa sinfonia e che, lungi dall’essere un aspetto negativo, è la testimonianza della direzione intrapresa dalla ricerca compositiva del compositore boemo.

    Dal punto di vista musicale appare straniante già l’attacco del primo movimento (Allegro con brio) della Sinfonia che, pur essendo in sol maggiore, si apre con un tema in sol minore di carattere lirico, esposto da violoncelli, corni, clarinetti e fagotti. La tonalità di sol maggiore è affermata nell’esposizione del secondo tema, affidato al flauto, che per il suo carattere bucolico è stato accostato ad un richiamo di uccelli. Il primo movimento, che si nutre del contrasto di queste idee tematiche e sembra quasi rappresentare la gioia del compositore di fronte ai colori e ai suoni della natura in un ambiente slavo di feste di paese, si chiude con una breve ed energica coda.  Di carattere malinconico è il secondo movimento, Adagio, che ricorda una composizione pianistica di Dvořák, intitolata Il vecchio castello, mentre il terzo movimento, Allegretto grazioso, si nutre del contrasto tra il semplice incedere di valzer della sezione iniziale e il carattere popolare e boemo del Trio. L’ultimo movimento, Allegro ma non troppo, che formalmente è riconducibile al tema a variazioni, si apre con una fanfara di trombe che, come affermato dal direttore ceco Rafael Kubelik durante le prove della sinfonia, in Boemia non annunciano la guerra, ma la danza. Dopo la fanfara è esposto dai violoncelli il tema principale del movimento all’interno del quale si possono distinguere altre due idee tematiche.

     

    Riccardo Viagrande

    Durata: 38'